IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 12871  del  2014,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da: 
        Soc Quattro Effe  Srl,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.
Francesco Saverio Marini, Ulisse Corea, Alessandro  Lamberti,  Andrea
Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Francesco Saverio Marini
in Roma, Via dei Monti Parioli, 48; 
    Contro: Presidenza del Consiglio dei  ministri,  Ministero  dello
sviluppo economico, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura,
domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;  Gse  -  Gestore  Per  i
Servizi Energetici Spa,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.  Maria
Antonietta Fadel, Stefano  Malinconico,  Carlo  Malinconico,  Antonio
Pugliese, con domicilio eletto  presso  Carlo  Malinconico  in  Roma,
corso Vittorio Emanuele II, n. 284; 
    Per l'annullamento: 
    per l'accertamento dell'insussistenza del potere  del  G.S.E.  di
applicare  l'opzione  c),  di  cui  all'art.   26,   comma   3,   del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116,  nel  caso  in  cui  la  societa'
ricorrente non eserciti, entro il  30  novembre  2014,  l'opzione  di
scelta  fra  una  delle  alternative  di   riduzione   dell'incentivo
riconosciuto per la  produzione  di  energia  elettrica  da  impianto
solare fotovoltaico, stabilite dall'art. 26, comma 3, lettera a), b),
e c), del medesimo atto normativo; in ogni caso,  per  l'accertamento
dell'insussistenza del potere del  G.S.E.  di  modificare  termini  e
condizioni della Convenzione stipulata con la societa' ricorrente; 
    per il risarcimento dei danni subiti  e  subendi  dalla  societa'
ricorrente, da determinarsi in corso  di  causa  o  da  quantificarsi
anche in via equitativa dal Collegio; 
    con due  atti  di  motivi  aggiunti,  per  l'annullamento  previa
sospensiva: 
    delle Istruzioni  operative  per  gli  interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge n. 116/2014 (c.d. "Legge Competitivita'")' emanate dal
GSE e pubblicate sul relativo sito internet in data 3 novembre 2014; 
    del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17  ottobre
2014,  recante  «Modalita'  per  la   rimodulazione   delle   tariffe
incentivanti   per   l'energia   elettrica   prodotta   da   impianti
fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma  3,  lettera  b)  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, pubblicato in Gazzetta Ufficiale,
Serie generale n. 248 del 24 ottobre 2014 e  delle  relative  tabelle
redatte e pubblicate dal GSE. 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione  in  giudizio  di  Presidenza  del
Consiglio dei ministri e di Ministero dello sviluppo economico  e  di
Gse - Gestore Per i Servizi Energetici Spa; 
    Relatore nell'udienza  pubblica  del  giorno  19  marzo  2015  la
dott.ssa Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale; 
 
                              In fatto 
 
    L'odierna  ricorrente  e'  proprietaria  e  responsabile  di   un
impianto  solare  fotovoltaico  denominato  Trustino,   con   potenza
nominale superiore a 200 Kw (specificamente di potenza pari a 999Kw). 
    Tale impianto fruisce delle tariffe incentivanti riconosciute  in
base all'art. 7 del decreto legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387
(«Attuazione della direttiva 2001/77 / CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno  dell'elettricita'»),  all'art.  25,  comma  10,  del
decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 («Attuazione della  direttiva
2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/ 77/CE e 2003/30/CE»), e ai  decreti  ministeriali  19
febbraio 2007, con i termini e le  modalita'  stabilite  in  apposite
Convenzioni di diritto privato stipulate con il GSE. 
    Con ricorso e con i successivi motivi aggiunti, la societa'  Soc.
Quattro  Effe  Srl  ha  chiesto  l'annullamento   delle   «Istruzioni
operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli
impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n.  116/2014
(c.d. "Legge Competitivita'")»  emanate  dal  GSE  e  pubblicate  sul
relativo sito internet in data 3 novembre 2014; nonche'  del  decreto
del Ministro dello sviluppo economico del 17  ottobre  2014,  recante
«Modalita'  per  la  rimodulazione  delle  tariffe  incentivanti  per
l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in  attuazione
dell'art. 26, comma 3, lettera b) del decreto-legge 24  giugno  2014,
n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014,  n.
116, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale n.  248  del
24 ottobre 2014 e delle relative tabelle  redatte  e  pubblicate  dal
GSE; ha inoltre chiesto l'accertamento del diritto di non  esercitare
alcuna delle tre  opzioni  di  rimodulazione  dell'incentivo  per  la
produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste  dall'art.  26
comma 3° lettere a), b) e c) decreto-legge n. 91/2014, e la  condanna
delle parti resistenti al risarcimento dei danni. 
    Esposti gli argomenti a sostegno dell'ammissibilita'  dell'azione
di  accertamento   e   illustrata   la   natura   provvedimentale   e
autoapplicativa dell'art. 26,  comma  3,  decreto-legge  n.  91/2014,
parte ricorrente ha  denunciato  l'illegittimita'  costituzionale  di
questa disposizione per contrasto con gli articoli: 3 e 41 Cost.;  11
e 117,  1°  comma,  Cost.,  in  relazione  all'art.  1  Prot.  addiz.
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali; 11 e 117, 1° comma, Cost., in  relazione  agli
obblighi internazionali derivanti dal Trattato  sulla  Carta  europea
dell'energia; 11 e 117, 1° comma, Cost., in  relazione  ai  contenuti
della dir. 2009/28/CE (conss. 14 e 25 e  articoli  23  e  24  decreto
legislativo n. 28/2011); 77 Cost. 
    Si sono costituite  in  resistenza  le  intimate  amministrazioni
statali. 
    Le  parti  resistenti  hanno  eccepito  l'inammissibilita'  delle
domande e hanno instato per la reiezione delle stesse nel merito. 
    All'udienza pubblica del 19 marzo 2015, in vista della  quale  le
parti resistenti hanno  depositato  memorie,  il  giudizio  e'  stato
discusso e trattenuto in decisione. 
 
                             In diritto 
 
    Con separata sentenza non  definitiva,  decisa  in  pari  data  e
pubblicata, sono state respinte le eccezioni di rito sollevate  dalle
parti resistenti e sono state disattese alcune questioni  prospettate
dalla parte ricorrente. 
    Per  la  disamina  delle  rimanenti   doglianze   e'   necessario
sottoporre in via pregiudiziale l'art. 26, comma 3, decreto-legge  n.
91/2014 al giudizio della Corte  costituzionale,  secondo  quanto  si
passa a dire (nei nn. da 1  a  3  si  dara'  conto  del  contesto  di
riferimento, nel n. 4 della rilevanza e infine, nel n.  5  della  non
manifesta infondatezza). 
1. Quadro  normativo  relativo  all'incentivazione  della  produzione
elettrica da fonte solare. 
    1.1. Le direttive europee. 
    La produzione  di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  e'
obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. 
    Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a  livello
internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo  alla  Convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto  a  Kyoto
l'11 dicembre 1997,  di  cui  e'  stata  autorizzata  la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con legge 1° giugno 2002, n.  120;  cfr.  anche
art. 11, comma 5,  decreto  legislativo  n.  79/1999  nella  versione
anteriore  alle  modificazioni  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
28/2011; in Europa, il protocollo e' stato  approvato  con  decisione
del Consiglio 2002/358/CE del 25 aprile 2002), il cui art. 2, par. 1,
lettera   a),   del   Protocollo   impegna   le   parti   contraenti,
«nell'adempiere  agli  impegni  di  limitazione  quantificata  e   di
riduzione delle emissioni [...], al fine di  promuovere  lo  sviluppo
sostenibile», ad  applicare  o  elaborare  «politiche  e  misure,  in
conformita' con la sua situazione nazionale, come: [...] iv) Ricerca,
promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione  di  forme  energetiche
rinnovabili [...]». 
    Con  la  dir.  n.  2001/77/CE  (sulla  «promozione   dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno  dell'elettricita'»)  il  legislatore  europeo,  riconosciuta
«[...] la necessita'  di  promuovere  in  via  prioritaria  le  fonti
energetiche   rinnovabili,   poiche'   queste   contribuiscono   alla
protezione  dell'ambiente  e  allo  sviluppo  sostenibile»,   potendo
«inoltre creare occupazione locale, avere un impatto  positivo  sulla
coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti
e permettere di conseguire piu' rapidamente gli obiettivi  di  Kyoto»
(cons. 1, che sottolinea ulteriormente la necessita' di «garantire un
migliore sfruttamento di questo potenziale  nell'ambito  del  mercato
interno  dell'elettricita'»),  ha  affermato  chiaramente   che   «la
promozione   dell'elettricita'   prodotta   da   fonti    energetiche
rinnovabili e' un obiettivo altamente  prioritario  a  livello  della
Comunita'  [...]»  (cons.  2;  come  tale,  essa  costituisce  «parte
importante del pacchetto di  misure  necessarie  per  conformarsi  al
protocollo di Kyoto [...]») e ha ritenuto di  intervenire  attraverso
l'assegnazione agli Stati membri di «obiettivi  indicativi  nazionali
di  consumo   di   elettricita'   prodotta   da   fonti   energetiche
rinnovabili», con  riserva  di  proporre  «obiettivi  vincolanti»  in
ragione dell'eventuale progresso rispetto  all'«obiettivo  indicativo
globale» del 12% del consumo interno lordo di energia nel 2010 (cons.
7), ferma la possibilita' per ciascuno Stato  membro  di  individuare
«il regime piu' rispondente alla sua particolare situazione"  per  il
raggiungimento degli «obiettivi generali dell'intervento» (cons. 23). 
    Cio' al dichiarato fine di «garantire una  maggiore  penetrazione
sul mercato, a medio  termine  dell'elettricita'  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili» e ribadendo «gli impegni  nazionali  assunti
nel contesto degli  obblighi  in  materia  di  cambiamenti  climatici
contratti dalla Comunita' a titolo del protocollo di  Kyoto»  (conss.
nn. 5 e 6). 
    In coerenza con tali premesse, la  dir.  2001/77  ha  individuato
all'art.  3  i  menzionati  «obiettivi  indicativi  nazionali»  e  ha
conferito agli Stati membri la possibilita'  di  stabilire  specifici
«regimi di sostegno», demandando alla Commissione: 
    al par. 1, la valutazione della coerenza di questi ultimi  con  i
principi in materia di aiuti di Stato (articoli 87 e 88 Trattato  CE,
oggi articoli 107  e  108  Trattato  UE),  «tenendo  conto  che  essi
contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli  6
e 174 del  Trattato»  (si  tratta  delle  disposizioni  sulla  tutela
dell'ambiente e sulla politica ambientale; cfr. oggi  articoli  11  e
191 Tratt. UE); 
    al par. 2, la presentazione di una relazione (entro il 27 ottobre
2005) sull'esperienza maturata (e sul «successo, compreso il rapporto
costo-efficacia, dei regimi  di  sostegno  [...]  nel  promuovere  il
consumo di elettricita' prodotta da fonti energetiche rinnovabili  in
conformita' con  gli  obiettivi  indicativi  nazionali  [...])  e  di
un'eventuale «proposta relativa a un quadro comunitario per i  regimi
di  sostegno  tale  da:  "a)  contribuire  al  raggiungimento   degli
obiettivi indicativi nazionali; b) essere compatibile con i  principi
del  mercato  interno  dell'elettricita';  c)   tener   conto   delle
caratteristiche delle diverse fonti energetiche rinnovabili,  nonche'
delle  diverse  tecnologie  e  delle   differenze   geografiche;   d)
promuovere efficacemente l'uso delle fonti  energetiche  rinnovabili,
essere semplice e al tempo stesso per  quanto  possibile  efficiente,
particolarmente in termini  di  costi;  e)  prevedere  per  i  regimi
nazionali di sostegno periodi di transizione  sufficienti  di  almeno
sette anni e mantenere la fiducia degli investitori"». 
    La dir. n. 2009/28/CE («promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»)  compie  l'annunciato  cambio  di
passo,  avendo  il  legislatore  comunitario  ritenuto  di  procedere
attraverso l'indicazione agli Stati membri  di  «obiettivi  nazionali
obbligatori» per il raggiungimento  di  una  quota  pari  al  20%  di
consumo di energia entro il 2020 (cons. 13);  tali  obiettivi  hanno,
come precisato al cons. 14,  la  «principale  finalita'»  di  «creare
certezza per gli investitori nonche' stimolare lo  sviluppo  costante
di tecnologie capaci di generare energia a partire da  ogni  tipo  di
fonte rinnovabile. [...]». 
    In questa nuova prospettiva - e  ravvisata  la  necessita',  alla
luce delle diverse  condizioni  iniziali,  di  «tradurre  l'obiettivo
complessivo comunitario del 20% in  obiettivi  individuali  per  ogni
Stato membro, procedendo ad  un'allocazione  giusta  e  adeguata  che
tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilita'
degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale  dell'energia  da
fonti rinnovabili e il mix energetico» (cons.  15)  -,  la  direttiva
prende  specificamente  in  considerazione  i  regimi   di   sostegno
nazionali. 
    Segnatamente, il cons. 25 (nel rilevare  che  «gli  Stati  membri
hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e  diversi
regimi  di  sostegno  all'energia  da  fonti  rinnovabili  a  livello
nazionale», che la maggioranza di essi «applica  regimi  di  sostegno
che accordano sussidi solo all'energia da fonti rinnovabili  prodotta
sul loro territorio» e che «per il corretto funzionamento dei  regimi
di sostegno nazionali e' essenziale  che  gli  Stati  membri  possano
controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi  in  funzione
dei loro diversi potenziali») riconosce che «uno strumento importante
per raggiungere l'obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste
nel garantire  il  corretto  funzionamento  dei  regimi  di  sostegno
nazionali, come previsto  dalla  direttiva  2001/77/CE,  al  fine  di
mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri
di elaborare misure nazionali efficaci per  conformarsi  al  suddetto
obiettivo [...]» (cio' anche in vista del coordinamento tra le misure
di «sostegno transfrontaliero all'energia da fonti rinnovabili»  e  i
regimi di sostegno nazionale). 
    L'art.  3  individua  pertanto  gli  «obiettivi  e  [le]   misure
nazionali  generali  obbligatori  per  l'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili» (quello per l'Italia e' pari al 17%; cfr.  Tabella  All.
I, parte A) e  rimarca  la  possibilita'  per  gli  Stati  membri  di
utilizzare, tra l'altro, i regimi di sostegno (par. 3), definiti  dal
precedente  art.  2,  par.  2,  lettera  k),  nei  seguenti  termini:
«strumento, regime o meccanismo  applicato  da  uno  Stato  membro  o
gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l'uso  delle  energie  da
fonti rinnovabili riducendone i costi,  aumentando  i  prezzi  a  cui
possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia
di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato  di  dette
energie. Cio' comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli
investimenti, le esenzioni o  gli  sgravi  fiscali,  le  restituzioni
d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo  in  materia  di  energie
rinnovabili, compresi quelli che usano certificati verdi, e i  regimi
di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto
e le sovvenzioni». 
    1.2. Il recepimento delle direttive in  Italia:  i  cc.dd.  conti
energia. 
    1.2.1.  La  dir.  2001/77  e'  stata  recepita  con  il   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che in attuazione della  delega
di cui all'art. 43 legge 1° marzo 2002, n. 39 (l. comunitaria  2001),
ha offerto il quadro di riferimento generale per la promozione  delle
«fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili» (art. 1, comma 1,
lettera a), introducendo varie misure incentivanti. 
    Per quel che oggi rileva, la produzione di energia  elettrica  da
fonte solare e' specificamente presa in  considerazione  dall'art.  7
(«disposizioni specifiche per il solare»), che ha demandato a «uno  o
piu'  decreti»  interministeriali  (del  Ministro   delle   attivita'
produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei
«criteri» di incentivazione (comma 1). 
    La delega all'autorita' governativa e' assai ampia. 
    La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da a) a g) che
detti «criteri» stabiliscano («senza  oneri  per  il  bilancio  dello
Stato e nel rispetto della normativa  comunitaria  vigente»):  a)  «i
requisiti dei soggetti che possono beneficiare  dell'incentivazione»;
b) «i requisiti tecnici minimi dei componenti e degli  impianti»;  c)
«le condizioni per la  cumulabilita'  dell'incentivazione  con  altri
incentivi»;  d)  le  modalita'  per  la  determinazione  dell'entita'
dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione
fotovoltaica della  fonte  solare  prevedono  una  specifica  tariffa
incentivante, di importo decrescente e di durata  tali  da  garantire
una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio»;  e)
«un obiettivo della potenza nominale da installare»;  f)  «il  limite
massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti  che
possono ottenere  l'incentivazione»;  g)  l'eventuale  «utilizzo  dei
certificati verdi» ex  art.  11,  comma  3,  decreto  legislativo  n.
79/1999 (enf. agg.). 
    I decreti ministeriali adottati in base a detto art. 7 sono  noti
con la denominazione di  «conti  energia»  e  sono  identificati  con
numero ordinale  progressivo  in  relazione  alle  versioni  via  via
succedutesi: 
    I° conto (dd.mm. 28  luglio  2005  e  6  febbraio  2006,  recanti
distinzione delle tariffe in  relazione  alla  potenza  nominale,  se
superiore o non a 20 kW; le «tariffe decrescenti» sono  stabilite  in
dipendenza  dell'anno  in  cui  la  domanda  di   incentivazione   e'
presentata); 
    II°  conto  (d.m.  19  febbraio  2007,  che  introduce  ulteriori
incentivazioni per gli impianti integrati  architettonicamente  e  un
premio per quelli abbinati a un uso efficiente dell'energia); 
    III° conto (d.m. 6 agosto 2010, nelle cui premesse si ravvisa  la
necessita'  di  «intervenire  al  fine  di  aggiornare   le   tariffe
incentivanti, alla luce della positiva  decrescita  dei  costi  della
tecnologia fotovoltaica, al fine di rispettare il principio  di  equa
remunerazione dei costi» ex art. 7 decreto  legislativo  n.  387  del
2003 e  «di  stimolare  l'innovazione  e  l'ulteriore  riduzione  dei
costi», revisione delle tariffe da attuare «tramite  una  progressiva
diminuzione  [di  dette  tariffe]  che,  da  un  lato,  miri  ad   un
allineamento graduale verso gli attuali costi delle tecnologie e che,
dall'altro, mantenga stabilita' e certezza sul mercato»). 
    In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione
e' stabilita in venti anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto (cfr. articoli 5, comma 2, e 6, commi 2 e  3,
decreto ministeriale 28 luglio 2005; art. 6 decreto  ministeriale  19
febbraio 2007, che precisa come il valore della tariffa sia «costante
in moneta corrente» per tutto il periodo ventennale; articoli 8, 12 e
14 decreto ministeriale 6 agosto 2010). 
    1.2.2.  La  dir.  2009/28  e'  stata  recepita  con  il   decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della  delega  di  cui
all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n. 96 (l. comunit. 2009). 
    Individuate all'art. 1 le «finalita'» («il presente  decreto,  in
attuazione della direttiva 2009/28/CE  e  nel  rispetto  dei  criteri
stabiliti dalla legge 4 giugno 2010, n. 96, definisce gli  strumenti,
i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario  e
giuridico, necessari per il raggiungimento degli  obiettivi  fino  al
2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti  rinnovabili
sul consumo finale lordo di energia e di quota di  energia  da  fonti
rinnovabili  nei  trasporti.  [...]»),  l'art.   3   stabilisce   gli
«obiettivi nazionali», prevedendo, per quanto  qui  rileva,  che  «la
quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo  finale
lordo di energia da conseguire nel 2020  e'  pari  a  17  per  cento»
(comma 1), obiettivo da perseguire «con  una  progressione  temporale
coerente con le indicazioni dei Piani  di  azione  nazionali  per  le
energie rinnovabili predisposti ai sensi dell'art. 4 della  direttiva
2009/28/CE» (comma 3). 
    Ai regimi di sostegno e' dedicato il Titolo V,  aperto  dall'art.
23 sui «principi generali» - capo I - , ai sensi del quale: 
        «1. Il presente Titolo ridefinisce la disciplina  dei  regimi
di sostegno applicati all'energia prodotta  da  fonti  rinnovabili  e
all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il  potenziamento
dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce
un quadro generale volto alla promozione della produzione di  energia
da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura  adeguata
al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art.  3,  attraverso  la
predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano  l'efficacia,
l'efficienza, la  semplificazione  e  la  stabilita'  nel  tempo  dei
sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo  l'armonizzazione
con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione  degli  oneri
di sostegno specifici in capo ai consumatori. 
    2. Costituiscono ulteriori principi generali  dell'intervento  di
riordino  e  di  potenziamento  dei  sistemi  di  incentivazioni   la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.». 
    Il Capo II (articoli da  24  a  26)  concerne  specificamente  la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. 
    L'art. 24  delinea  i  «meccanismi  di  incentivazione»  per  gli
impianti che entrino in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 (comma 1),
individuando  al  comma  2,  tra  gli  altri,  i  seguenti   «criteri
generali»: «a)  l'incentivo  ha  lo  scopo  di  assicurare  una  equa
remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b)  il  periodo
di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile  convenzionale
delle specifiche tipologie  di  impianto  e  decorre  dalla  data  di
entrata in esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante  per
tutto il periodo di diritto e puo' tener conto del  valore  economico
dell'energia  prodotta;  d)  gli  incentivi  sono  assegnati  tramite
contratti di diritto privato fra il GSE e  il  soggetto  responsabile
dell'impianto,   sulla   base   di   un    contratto-tipo    definito
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui  al  comma  5;
[...]». 
    L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo al comma 1 che
la produzione da impianti entrati in esercizio entro il  31  dicembre
2012 e' «incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in
vigore del presente  decreto,  con  i  correttivi  di  cui  ai  commi
successivi». 
    I commi 9 e 10 dettano i «correttivi» per gli impianti  da  fonte
solare, mentre il successivo comma 11,  lettera  b),  n.  3,  dispone
l'abrogazione, a far tempo dal 1° gennaio 2013, dell'art.  7  decreto
legislativo n. 387/03 cit. «fatti salvi i diritti acquisiti». 
    In particolare: 
    il comma 9 sancisce  l'applicabilita'  del  III°  conto  (d.m.  6
agosto 2010 cit.) «alla produzione degli impianti  fotovoltaici  «che
entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011»; 
    il comma 10, per gli impianti con data di  entrata  in  esercizio
successiva al 1° giugno 2011 - e fatte salve le previsioni  dell'art.
2-sexies decreto-legge 25 gennaio 2010,  n.  3  (conv.,  con  modif.,
dalla legge 22 marzo 2010, n. 41), che ha esteso  l'operativita'  del
II° Conto agli impianti ultimati entro il 31  dicembre  2010  purche'
entrati in esercizio entro il  30  giugno  2011  -  ha  demandato  la
disciplina del regime incentivante  a  un  decreto  interministeriale
(emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,
sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla base dei seguenti
principi:  «a)  determinazione  di  un  limite  annuale  di   potenza
elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere
le tariffe incentivanti; b) determinazione delle tariffe incentivanti
tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e  dei  costi
di  impianto  e  degli  incentivi  applicati   negli   Stati   membri
dell'Unione europea; c) previsione di tariffe incentivanti e di quote
differenziate  sulla  base  della  natura  dell'area  di  sedime;  d)
applicazione delle disposizioni dell'art. 7 del  decreto  legislativo
29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]». 
    In attuazione del comma 10 cit. sono stati  adottati  gli  ultimi
due conti energia: 
        IV° conto (d.m. 5 maggio  2011),  di  cui  giova  richiamare:
l'art. 1, comma 2, secondo cui «[...] il presente decreto si  applica
agli  impianti  fotovoltaici  che  entrano  in  esercizio   in   data
successiva al 31 maggio 2011 e fino  al  31  dicembre  2016,  per  un
obiettivo indicativo di potenza installata  a  livello  nazionale  di
circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo
degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro»; nonche' l'art.
2, comma 3:  «al  raggiungimento  del  minore  dei  valori  di  costo
indicativo cumulato annuo di cui all'art. 1, comma 2, con decreto del
Ministro  dello  sviluppo  economico  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  sentita  la
Conferenza  unificata,  possono  essere  riviste  le   modalita'   di
incentivazione di cui al presente decreto,  favorendo  in  ogni  caso
l'ulteriore sviluppo del settore»; 
        V° conto (d.m. 5 luglio 2012), il cui art. 1 prevede: 
    comma 1: che, in attuazione  dell'art.  25,  comma  10,  cit.  (e
tenuto conto di quanto stabilito dal IV° conto all'art. 2,  comma  3,
cit.), esso disciplina le modalita' di incentivazione «da  applicarsi
successivamente al raggiungimento di  un  costo  indicativo  cumulato
annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro»; 
    comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica  e  il  gas  (di
seguito, Aeeg o anche Aeegsi) «[...] individua  la  data  in  cui  il
costo indicativo cumulato annuo degli incentivi  [...]  raggiunge  il
valore  di  6  miliardi  di  euro  l'anno»  (precisando  al  comma  3
l'applicabilita' delle modalita' incentivanti ivi  previste  «decorsi
quarantacinque  giorni  solari  dalla  data  di  pubblicazione  della
deliberazione di cui al comma»); 
    comma 5: che lo stesso decreto ministeriale «cessa di applicarsi,
in  ogni  caso,  decorsi  trenta  giorni   solari   dalla   data   di
raggiungimento di un costo indicativo cumulato  di  6,7  miliardi  di
euro l'anno» (data parimenti individuata dall'Aeeg). 
    L'Aeeg ha da ultimo dato atto del raggiungimento di  tale  «costo
indicativo cumulato annuo degli incentivi»: 
        i) al 12 luglio 2012, quanto al valore di 6 miliardi di  euro
l'anno, con conseguente applicazione delle modalita' incentivanti del
V°conto a decorrere dal 27 agosto 2012» (delib. 12  luglio  2012,  n.
292/2012/R/EFR, pubbl. in pari data nel sito internet Aeeg); 
        ii) al 6 giugno 2013, quanto al valore  di  6,7  miliardi  di
euro l'anno, con conseguente cessazione degli effetti del V° conto al
6 luglio 2013 (delib. 6 giugno 2013,  n.  250/2013/R/EFR  (pubbl.  in
pari data nel sito internet Aeeg). 
    Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti  aventi  data
di entrata in esercizio successiva al 7 luglio 2013. 
    Giova  infine  precisare  che  anche  il  IV°  e  il  V°   conto,
analogamente ai tre precedenti, stabiliscono in venti anni la  durata
dell'incentivazione (articoli 12, 16  e  18  decreto  ministeriale  5
maggio 2011; art. 5 decreto ministeriale 5 luglio 2012). 
    In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti,  i
vari conti energia hanno operato per i seguenti periodi: 
    I° conto: 19 settembre 2005-30 giugno 2006; 
    II° conto: 13 aprile 2007-31 dicembre 2010 (ma v. anche  il  cit.
art. 2-sexies decreto-legge n. 3/2010); 
    III° Conto: 1° gennaio 2011-31 maggio 2011 (cinque mesi  anziche'
i 3 anni originariamente  previsti,  ossia  fino  a  tutto  il  2013,
sebbene  con  tariffe  inferiori   a   seconda   dell'annualita'   di
riferimento; cfr. articoli 1 e 8 decreto ministeriale 6 agosto 2010 e
art. 25, comma 9 decreto legislativo n. 28/2011); 
    IV° conto: 1° giugno 2011-26 agosto 2012; 
    V° conto: 27 agosto 2012-6 luglio 2013. 
    Dal quadro normativo innanzi riportato si desume,  per  quel  che
rileva, che tutte le  incentivazioni  concesse  ai  sensi  dei  conti
energia hanno durata  ventennale  e  sono  di  importo  proporzionale
all'energia prodotta. 
    1.2.3. Quanto  allo  strumento  giuridico  per  l'erogazione  dei
benefici, l'art. 24, comma 2,  lettera  d),  decreto  legislativo  n.
28/2011 cit.,  ha  stabilito,  come  si  e'  visto,  che  le  tariffe
incentivanti siano assegnate «tramite contratti  di  diritto  privato
fra il GSE e il soggetto  responsabile  dell'impianto  [...]»,  sulla
base di un «contratto-tipo» definito dall'Aeeg (enf. agg.; gli schemi
di  «contratti-tipo»  predisposti  dal  GSE  per  l'erogazione  degli
incentivi previsti per gli impianti fotovoltaici sono stati approvati
dall'Autorita' con delib. 6 dicembre 2012, n. 516/2012/R/EFR,  pubbl.
in pari data nel sito internet istituzionale). 
    La disposizione, direttamente riferibile al IV° e al V° conto, ha
portata ricognitiva della situazione venutasi a  determinare  durante
la vigenza dei primi tre conti, in relazione ai quali il  Gestore  ha
proceduto attraverso la stipulazione di «convenzioni» con  i  singoli
fruitori (cfr. in proposito, con riferimento al  III°  conto,  l'art.
13, all. A, delib. Aeeg ARG/elt n.  181/2010  del  20  ottobre  2010,
pubbl. sul sito Aeeg il 25 ottobre  2010,  recante  previsione  della
redazione di uno schema tipo di convenzione; v. anche,  nello  stesso
senso, i richiami alle convenzioni dei primi tre conti  presenti  nel
«Manuale utente per la richiesta di trasferimento di titolarita'» del
novembre 2014, pubblicato nel sito internet del GSE). 
    Si tratta di atti aventi la medesima natura. 
    Tanto la «convenzione» quanto il  «contratto»  hanno  infatti  lo
scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto
responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti
concessori,  nei  quali  accanto  al  provvedimento  di   concessione
l'amministrazione concedente e il privato  concessionario  concludono
un contratto (c.d. accessivo)  per  la  disciplina  delle  rispettive
obbligazioni. 
    1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal III° al IV°  e  dal
IV° al V° conto. 
    L'entrata  in  vigore  dell'art.  25,  commi  9  e  10,   decreto
legislativo n.  28/2011  e  l'introduzione  del  IV°  conto  per  gli
impianti aventi data di entrata in esercizio successiva al 31  maggio
2011 ha dato origine a una serie di controversie aventi a oggetto, in
estrema sintesi,  l'anticipata  cessazione  degli  effetti  del  III°
conto. 
    A) Con piu' pronunce di  questa  Sezione  i  ricorsi  sono  stati
respinti,  poiche',  per  quanto  oggi   interessa,   le   contestate
innovazioni riguardavano impianti non ancora  entrati  in  esercizio,
cio' avendo consentito di  escludere  una  posizione  di  affidamento
tutelabile (v., ex multis, sentt. 13 febbraio 2013, n. 1578, conf  in
appello, 26 marzo 2013, nn. 3134, 3139, 3141, 3142,  3144;  2  aprile
2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez. VI,  8  agosto
2014, n. 4233, e, rispettivamente, n. 4234). 
    Piu' precisamente, e' stato affermato che la nuova disciplina non
avesse  «efficacia   retroattiva,   proponendosi   di   regolamentare
l'accesso ai relativi incentivi soltanto rispetto agli  impianti  che
ancora non ne fruiscano»,  atteso  che  «l'ammissione  al  regime  di
sostegno non sortisce dal possesso del titolo  amministrativo  idoneo
alla realizzazione dell'impianto  (titolo  che  pure  costituisce  un
requisito essenziale a questo fine),  ma  dall'entrata  in  esercizio
dell'impianto medesimo, vale a dire dalla sua effettiva realizzazione
e messa in opera». 
    Si e' in particolare affermato che  «il  decreto  legislativo  n.
28/2011  dispone  per  l'avvenire,   individuando   quale   discrimen
temporale  per  l'applicazione  delle  nuove  regole   l'entrata   in
esercizio al 31 maggio 2011 e disciplinando il  passaggio  al  Quarto
conto attraverso la previsione di tre periodi», il  primo,  inteso  a
consentire l'accesso agli incentivi di tutti gli impianti entrati  in
esercizio entro il 31 agosto 2011, al fine di tutelare  l'affidamento
degli operatori che avessero quasi ultimato  la  realizzazione  degli
impianti sotto  il  vigore  del  Terzo  conto;  il  secondo,  dal  1°
settembre  2011  al  31  dicembre  2012,  in  cui  l'accesso  avviene
attraverso l'iscrizione nei registri; il terzo, a  regime,  dal  2013
sino alla cessazione del Quarto conto. 
    Sicche', muovendo dalla considerazione che  la  peculiare  natura
dell'azione  pubblica  volta  alla  promozione,  per   finalita'   di
carattere generale, di uno specifico settore economico attraverso  la
destinazione di risorse pubbliche, non esclude di per se' che vi  sia
«un momento nel  quale  l'aspettativa  del  privato  si  consolida  e
acquisisce consistenza giuridica» e che tale momento vada individuato
«sulla  base  di  elementi  dotati  di  apprezzabile  certezza,  pena
l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione  di  possibili
discriminazioni»,    e'    stata    riconosciuta    la    correttezza
dell'individuazione di un «discrimen ancorato alla data di entrata in
esercizio dell'impianto», scelta da ritenere giustificata  alla  luce
delle caratteristiche del sistema  incentivante  in  esame,  «fondato
sulla distinzione tra la  (pur  complessa)  fase  di  predisposizione
dell'intervento impiantistico  e  quella  (altrettanto  se  non  piu'
complessa) di sua messa in opera. Ed  e'  a  questo  secondo  momento
(l'entrata in esercizio, appunto) che occorre rivolgere  l'attenzione
per individuare il fatto costitutivo del diritto alla percezione  dei
benefici, cio' che si spiega alla luce della generale  finalita'  del
regime di sostegno (produzione di energia  da  fonte  rinnovabile)  e
dell'esigenza,  a  tale  scopo   strumentale,   che   le   iniziative
imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive». 
    E' stato pertanto rilevato come  in  quelle  ipotesi  venisse  in
esame la posizione di soggetti che  intendevano  tutelare  «piu'  che
l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto  effetti
giuridicamente rilevanti [...], scelte imprenditoriali effettuate  in
un momento nel  quale  le  stesse,  a  loro  giudizio,  si  sarebbero
rivelate foriere di flussi reddituali positivi»,  non  risultando  in
concreto   ravvisabili   elementi   tali   da   deporre   nel   senso
dell'immutabilita'   del   contributo   pubblico   al   settore    in
considerazione. «Cio' in quanto le autorita' pubbliche hanno reputato
di ovviare a una  situazione  di  inefficienza  del  mercato  (market
failure) attraverso l'esplicazione di attribuzioni  rientranti  nella
loro sfera (e capacita' giuridica) di diritto pubblico, vale  a  dire
attraverso l'attivazione di specifici meccanismi  di  redistribuzione
delle risorse, individuati all'esito della consueta  ponderazione  di
tutti gli interessi in  rilievo,  ivi  inclusi  quelli  di  cui  sono
portatori, a es., gli utenti di energia elettrica (che attraverso  la
componente A3 della bolletta finanziano in larga misura gli incentivi
[...]) o anche i produttori da fonti convenzionali»  (questa  Sezione
ha anche affrontato  il  tema  della  copertura  degli  incentivi  di
competenza del GSE; cfr. sentenza 13 agosto 2012, n. 7338). 
    E'  stata  inoltre  affrontata  la  questione,  dedotta  in  quei
giudizi, della lesione del principio del legittimo affidamento  e  di
quello, ad esso sotteso, della certezza del diritto. 
    Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte
di  giustizia  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,  Plantanol,
concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale
per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito:
i) per un verso, che il principio di certezza del diritto non postula
l'«assenza di modifiche legislative», richiedendo «piuttosto  che  il
legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli  operatori
economici  e  preveda,  eventualmente,  adattamenti  all'applicazione
delle nuove norme giuridiche» (punto 49); e, per altro verso, ii) che
la possibilita' di far valere la tutela del legittimo affidamento  e'
bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale  un'autorita'
nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma  non  «qualora
un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di  prevedere
l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel
caso in cui il provvedimento venga adottato);  in  tale  prospettiva,
inoltre, «gli operatori economici  non  possono  fare  legittimamente
affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che  puo'
essere  modificata  nell'ambito  del   potere   discrezionale   delle
autorita' nazionali» (punto 53), spettando al giudice  nazionale,  in
una valutazione globale e in concreto  delle  pertinenti  circostanze
fattuali,  stabilire  se  l'impresa   ricorrente   disponesse   «come
operatore prudente e  accorto,  [...]  di  elementi  sufficienti  per
consentirle di aspettarsi che il regime di esenzione fiscale  di  cui
trattasi fosse abolito prima della data iniziale prevista per la  sua
scadenza», non sussistendo - giova ribadire -  preclusioni  derivanti
dai canoni della certezza del diritto e della  tutela  del  legittimo
affidamento (punti 67 e 68). 
    In riferimento al caso allora in esame, e' stata  in  particolare
esclusa la lesione degli anzidetti  principi  generali,  non  potendo
«dubitarsi della circostanza che il settore  del  fotovoltaico  abbia
subito negli anni piu' recenti notevoli modifiche  in  ragione  cosi'
dell'andamento  dei  costi  delle   componenti   impiantistiche   (in
particolare, per effetto della forte riduzione del costo dei pannelli
solari)  come  dell'aumento  progressivo  delle  potenze   installate
(elementi che  le  deduzioni  di  parte  ricorrente  non  riescono  a
confutare)». 
    Sicche',  evidenziati  gli   elementi   relativi   alla   notoria
evoluzione del comparto, si e' ritenuto che «un operatore "prudente e
accorto" fosse ben consapevole, oltre che dell'intrinseca mutevolezza
dei regimi di sostegno, delle modalita' con  cui  questi  sono  stati
declinati dalle autorita' pubbliche nazionali sin  dal  Primo  conto,
vale a dire: a) con un orizzonte temporale assai limitato (tanto  che
da taluni e' stata lamentata questa eccessiva  brevita'  rispetto  al
termine di sette anni contenuto nella direttiva 2001/77/CE; cfr.  16°
consid. e art. 4, par. 2, lettera e); b) con  ripetuti  interventi  a
breve distanza di tempo (quattro in soli cinque anni, dal luglio 2005
all'agosto 2010). 
    Con la finale  affermazione  che  «un  operatore  avveduto  fosse
senz'altro in grado di percepire le mutazioni del contesto  economico
di riferimento nonche' il prossimo raggiungimento della  grid  parity
degli impianti fotovoltaici rispetto a quelli convenzionali». 
    B) Il  Consiglio  di  Stato  ha  mostrato  di  condividere  detta
impostazione, riconoscendo che «la tutela del  legittimo  affidamento
e'   principio   connaturato   allo   Stato   di   diritto   sicche',
regolamentando contro di esso, il legislatore statale viola i  limiti
della discrezionalita' legislativa (Corte cost.,  sentenze  9  luglio
2009, n. 206, e 8 maggio 2007, n. 156)», e negando in particolare che
nella specie fosse ravvisabile un «legittimo affidamento tutelabile»,
posto che non si  controverteva  su  «provvedimenti  e  diritti  gia'
legittimamente acquisiti sulla base della normativa anteriore» e  non
era risultato che l'amministrazione  pubblica  avesse  «orientato  le
societa' ricorrenti verso comportamenti negoziali che altrimenti  non
avrebbero tenuto». 
    Ne' e' stata  riscontrata  la  sussistenza  di  «un  investimento
meritevole  di  essere   salvaguardato   perche'   la   rimodulazione
legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa  ma  conosciuta
dagli operatori (accorti) del  settore  come  in  itinere  (la  nuova
direttiva comunitaria e' infatti del 2009)». 
    Su tali basi, il Giudice d'appello ha ritenuto che mancassero  «i
fondamentali causali di un legittimo e ragionevole  affidamento,  non
essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da  parte
della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e
nazionale  ovvero  alcuna  condotta,  omissiva   o   commissiva,   in
violazione di una specifica norma dalla  materia  di  settore  posta,
oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e
di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme  la  volonta'
di legge» (cosi' Cons. Stato, sez. V,  8  agosto  2014,  nn.  4233  e
4234). 
    Sempre  sulla  medesima  questione,  il  Consiglio  di  Stato   -
osservato che «l'incentivo sulla produzione ha il fine  di  stimolare
la  installazione  di  impianti  fotovoltaici  con  l'effetto  e   il
vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale  o
totale) dei propri consumi elettrici  e  alla  vendita  di  eventuali
surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un  minore
tempo di recupero dei costi di impianto iniziale  di  investimento  e
successivo maggiore  guadagno  (specifica  tariffa  incentivante,  di
importo  decrescente  e  di  durata  tali  da  garantire   una   equa
remunerazione dei costi di  investimento  e  di  esercizio  ai  sensi
dell'art. 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003 su menzionato)» -
ha disatteso la prospettazione degli operatori sulla  portata  lesiva
delle innovazioni - in quanto «foriere di  effetti  deleteri  per  la
tutela degli investimenti gia'  programmati  sulla  base  del  quadro
normativo previgente (terzo conto  energia),  che  doveva  estendersi
fino a  tutto  il  2012»  -  reputando  manifestamente  infondate  le
questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme
del decreto  legislativo  n.  28/2011,  «dovendosi  ritenere  che  la
violazione del diritto alla  iniziativa  economica,  cosi'  come  dei
principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino
solo allorquando la  nuova  norma  incida  in  modo  peggiorativo  su
aspettative qualificate, gia' pervenute,  pero',  ad  un  livello  di
consolidamento   cosi'   elevato    da    creare    un    affidamento
costituzionalmente protetto alla conservazione di  quel  trattamento,
tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o
sulla  revisione  prevista   di   precedenti   politiche   economiche
pubbliche». 
    Cio' sul rilievo che la disciplina del IV° conto  «non  tocca  le
iniziative gia' avviate (quelle per cui gli impianti sono entrati  in
esercizio al 31 maggio 2011) e introduce una ragionevole  distinzione
tra le diverse situazioni di fatto, operando  una  distinzione  sulla
base della data di entrata in esercizio degli impianti [...]» (cosi',
da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2015, n. 1043). 
    C) Giova anche ricordare  che  sulla  base  di  un'analoga  linea
argomentativa sono state respinte le  domande  di  alcuni  operatori,
destinatari  degli  incentivi  del  V°  conto,  dirette  a   ottenere
l'applicazione del IV°, con le precisazioni ulteriori: 
        dell'impossibilita'  di  invocare  le  tutela  dei   «diritti
quesiti» accordata dall'art. 25, comma  11,  decreto  legislativo  n.
28/2011, sul rilievo (tra l'altro)  della  circostanza  concreta  che
«nella specie, il diritto non era sorto» (pur essendo  «comprensibile
il rammarico del soggetto che, avviata un'attivita'  imprenditoriale,
si veda modificato il quadro delle agevolazioni su cui faceva conto»,
risultato tuttavia dipendente «dalla  restrizione  strutturale  delle
risorse  disponibili»  e  che  «non  essendo  ne'  irragionevole  ne'
imprevedibile alla luce della normativa [...], rappresenta un  evento
che va riportato al rischio di impresa, nel momento in cui  il  "boom
del  fotovoltaico"  si  e'  espresso  in  un  numero  di   iniziative
verosimilmente superiore a quello previsto dai  soggetti  pubblici  e
dagli stessi operatori privati del settore»); 
        dell'infondatezza    della    doglianza    prospettante    la
«retroattivita' della imposizione patrimoniale introdotta con  l'art.
10, comma 4, del decreto ministeriale 5 luglio 2012» a far tempo  dal
1° gennaio 2011 e a carico di  tutti  i  soggetti  beneficiari  delle
incentivazioni (ai fini della «copertura  degli  oneri  di  gestione,
verifica e controllo in capo al GSE»), in quanto «l'impianto era gia'
entrato in esercizio, ma esso non godeva ancora di  alcun  incentivo,
cosicche' sarebbe improprio dire che la norma vada  a  modificare  in
peggio una situazione giuridica consolidata» (cosi', ex aliis,  Cons.
Stato, sez. IV, 29 gennaio 2015, n. 420, confermativa della  sentenza
di questa Sezione 14 novembre 2013, n. 9749). 
2. I successivi interventi del legislatore nazionale. 
    Sulla  situazione  dei  conti  energia   innanzi   descritta   e'
successivamente intervenuto il legislatore  nazionale,  dapprima  col
decreto-legge n. 145/2013 e poi col decreto-legge oggi in esame. 
    2.1.  Il  decreto-legge   n.   145/2013:   lo   «spalma-incentivi
volontario». 
    Il decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  c.d.  «Destinazione
Italia»  («Interventi  urgenti  di  avvio  del  piano   "Destinazione
Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas,  per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015»), convertito in legge, con modificazioni, dalla  legge  21
febbraio 2014, n. 9 (d.l. c.d. «Destinazione  Italia»),  all'art.  1,
recante (tra  l'altro)  «disposizioni  per  la  riduzione  dei  costi
gravanti sulle tariffe elettriche  [...]»,  introduce  -  oltre  alla
misura relativa ai cc.dd. «prezzi minimi garantiti» (comma 2) per gli
impianti che possono accedere al  regime  del  c.d.  ritiro  dedicato
(consistente nell'obbligo del gestore di rete di  ritirare  a  prezzo
amministrato l'energia prodotta e immessa in rete, regime  riservato,
tra gli altri, all'energia elettrica prodotta da impianti  alimentati
a fonte solare), ivi inclusi quelli fotovoltaici  incentivati  con  i
conti energia dal I° al IV° (se non accedano, quanto a questi ultimi,
al  regime  di  tariffa   onnicomprensiva)   -   un   meccanismo   di
rimodulazione degli incentivi «al fine di contenere l'onere annuo sui
prezzi e  sulle  tariffe  elettriche  degli  incentivi  alle  energie
rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel  medio-lungo
termine dagli esistenti impianti» (commi da  3  a  5),  tale  che  «i
produttori di energia elettrica  da  fonti  rinnovabili  titolari  di
impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma  di  certificati
verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio possono,  per  i
medesimi impianti, in misura alternativa: a) continuare a godere  del
regime incentivante spettante  per  il  periodo  di  diritto  residuo
[...]; b) optare  per  una  rimodulazione  dell'incentivo  spettante,
volta a valorizzare l'intera  vita  utile  dell'impianto»  e  con  un
incremento del periodo dell'incentivazione di 7 anni. 
    Si tratta del c.d. «spalma-incentivi volontario» (cosi'  definito
nella  relazione  illustrativa   al   d.d.l.   di   conversione   del
decreto-legge  n.  91/2014,  sub  art.  23,  A.S.  n.  1541,  recante
illustrazione dei principi ispiratori). 
    2.2.  Il   decreto-legge   n.   91/2014:   lo   «spalma-incentivi
obbligatorio». 
    Da ultimo e' stato adottato il decreto-legge 24 giugno  2014,  n.
91, c.d. «decreto Competitivita'», recante «Disposizioni urgenti  per
il  settore  agricolo,  la  tutela  ambientale  e   l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe  elettriche,  nonche'  per  la   definizione   immediata   di
adempimenti derivanti dalla normativa europea» (pubbl. nella Gazzetta
Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014, in vigore dal 25  giugno  2014),
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11  agosto  2014,
n. 116 (in vigore dal 21 agosto 2014). 
    L'art.  26  concerne  «interventi  sulle   tariffe   incentivanti
dell'elettricita'   prodotta   da    impianti    fotovoltaici»    (la
disposizione, introdotta con il decreto-legge, e' stata profondamente
modificata nel corso dell'iter di conversione). 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti. 
A) Ambito applicativo e finalita' (comma 1). 
    «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi e  favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387,  e  all'art.  25,  comma  10,  del  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate  secondo  le  modalita'
previste dal presente articolo.» 
    L'intervento e' pertanto ispirato a due finalita' -  «ottimizzare
la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione  degli  incentivi»  e
«favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili» - e si rivolge ai soggetti che beneficiano delle
tariffe incentivanti riconosciute in base ai conti energia. 
B) Modalita' di erogazione (comma 2). 
    «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi
energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui  al  comma  1,
con rate mensili costanti, in misura  pari  al  90  per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione ed effettua il  conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30  giugno  dell'anno  successivo.  Le
modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla
pubblicazione del  presente  decreto  e  approvate  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico.». 
    La norma introduce, a decorrere dal 1° luglio 2014, un sistema di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto pari al 90% della  «producibilita'  media
annua stimata  di  ciascun  impianto»  nell'anno  di  produzione,  da
versare in «rate mensili costanti», e in un «conguaglio» basato sulla
«produzione effettiva»  da  operare  entro  il  30  giugno  dell'anno
successivo a quello di produzione). 
    Al meccanismo e' stata data attuazione col  decreto  ministeriale
16 ottobre 2014 (pubbl.  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  248  del  24
ottobre 2014). 
C) Rimodulazione (comma 3). 
    «3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante  per
l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200
kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base  di  una  delle
seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: 
    a) la tariffa e' erogata per un periodo di  24  anni,  decorrente
dall'entrata in esercizio  degli  impianti,  ed  e'  conseguentemente
ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione  indicata  nella
tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
    b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e'  rimodulata  prevedendo  un  primo  periodo  di  fruizione  di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; (116) 
    c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto  alla
data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua
del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 
    1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
    2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
    3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c).» 
    Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della  rimodulazione
(operativa dal 1° gennaio 2015). 
    L'ambito di applicazione e' piu' ristretto di quello  contemplato
dal comma 1. 
    Sono infatti presi in considerazione i soli «impianti di  potenza
nominale superiore a 200 kW». 
    L'art. 22-bis, comma 1, decreto-legge 12 settembre 2014,  n.  133
(conv., con modif., dalla legge 11 novembre  2014,  n.  164),  ha  in
seguito  operato  un'ulteriore  restrizione,   prevedendo   che   «le
disposizioni di cui ai commi da 3 a 6» dell'art. 26 «non si applicano
agli impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata
in vigore della legge di conversione del  decreto-legge  n.  91/2014]
enti locali o scuole». 
    La norma concede agli operatori la possibilita' di  optare  entro
il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative di rimodulazione: 
        lettera a) estendere la durata dell'incentivazione sino a  24
anni, decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto. 
    In tal caso si applicano  le  riduzioni  indicate  nella  tabella
allegata al decreto-legge n. 91/2014 (all. 2), formulata  sulla  base
di    una    proporzione    inversa     tra     «periodo     residuo»
(dell'incentivazione) e «percentuale di riduzione»; essa e' suddivisa
in 8 scaglioni annuali, a partire da «12 anni», cui  corrisponde  una
riduzione del 25%, sino a «19 anni  e  oltre»,  cui  corrisponde  una
riduzione del 17%. 
    L'art. 26, comma 4, chiarisce che le riduzioni in questione,  ove
riferite alle c.d. «tariffe onnicomprensive» erogate ai sensi del IV°
e del V°  conto  «si  applicano  alla  sola  componente  incentivante
[...]»; 
        lettera b) ferma la  durata  dell'incentivazione  (20  anni),
suddividerla in due «periodi»: «un primo periodo di fruizione  di  un
incentivo ridotto rispetto all'attuale»  e  «un  secondo  periodo  di
fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura». 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro  il  1°  ottobre
2014 «in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti». 
    A tale  previsione  e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 17 ottobre 2014 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n.  248
del 24 ottobre 2014, entrato in vigore il 25 ottobre ; cfr. art.  2),
che all'all. 1 ha delineato il procedimento matematico per  stabilire
l'entita' della rimodulazione («riducendo  e  poi  incrementando  gli
incentivi vigenti, comprensivi di eventuali premi» ex art.  1,  comma
1, e disponendo la pubblicazione sul  sito  internet  del  GSE  delle
«tabelle  dei  fattori  moltiplicativi  da  applicare  ai  previgenti
incentivi per il calcolo dell'incentivo rimodulato, in  funzione  del
periodo residuo di diritto agli incentivi, espresso in anni e  mesi»;
art. 1, comma 3); 
        lettera c) ferma la  durata  dell'incentivazione  (20  anni),
applicare una riduzione «dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione»,  secondo  percentuali  determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW;  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza
superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione   di   questa   terza   modalita'   (riduzione   secca
dell'incentivo). 
D) Misure di «accompagnamento» (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
«accompagnamento»: 
        D.1) finanziamenti bancari (comma 5): 
    il «beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3 e 4
puo' accedere a finanziamenti bancari per  un  importo  massimo  pari
alla differenza tra l'incentivo gia' spettante al 31 dicembre 2014  e
l'incentivo rimodulato»; 
    tali  finanziamenti  «possono  beneficiare,   cumulativamente   o
alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con  il  sistema
bancario, di provvista dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa
depositi e prestiti S.p.A. (Cdp)»; 
    a sua volta, «l'esposizione di Cdp e' garantita dallo Stato [...]
secondo criteri e modalita'  stabiliti  con  decreto  di  natura  non
regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.». 
    A quest'ultima disposizione e' stata data attuazione col  decreto
ministeriale 29 dicembre 2014 (pubbl.  nella  Gazzetta  Ufficiale  22
gennaio 2015, n. 17). 
    Questo decreto, richiamate  le  comunicazioni  della  Commissione
europea sugli aiuti di Stato (con particolare  riferimento  a  quello
concessi sotto forma di garanzie), stabilisce, tra l'altro,  che  «e'
garantita dallo Stato l'esposizione» di Cdp «rappresentata da crediti
connessi ad operazioni di provvista dedicata o  di  garanzia,  per  i
finanziamenti  bancari  a  favore  dei  beneficiari   della   tariffa
incentivante» ai sensi del menzionato art. 26, comma 5 (art. 1, comma
1) e che la garanzia dello Stato, «concessa a  titolo  oneroso  [...]
diretta, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta»  (art.  1,
comma 2), copre fino all'80% dell'ammontare: 
    «di ciascuna operazione finanziaria di  provvista  effettuata  da
CDP a favore di banche, economicamente e finanziariamente  sane,  per
l'erogazione dei finanziamenti [...]. Entro tale  limite  massimo  di
copertura,  la  garanzia  dello  Stato  copre  fino  all'80  percento
dell'ammontare dell'esposizione creditizia, comprensiva di capitale e
interessi, di CDP nei confronti della banca» (comma 3); 
    «di ciascuna garanzia concessa da CDP a banche sui  finanziamenti
a  favore  di  soggetti,  economicamente  e  finanziariamente   sani,
beneficiari della tariffa incentivante, di cui  al  citato  art.  26,
comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91. Entro  il  predetto
limite, la garanzia dello Stato  copre  fino  all'80  percento  della
somma liquidata da CDP alla banca garantita» (comma 4). 
    L'art. 2 concerne la remunerazione della garanzia e  prevede  che
Cdp effettui la  «valutazione  del  merito  di  credito  di  ciascuna
esposizione  garantita  dallo  Stato»,  mentre  l'art.  3  detta   le
procedure per l'escussione della garanzia e il recupero delle somme. 
    D.2) adeguamento della durata dei titoli (comma 6): 
        per il solo caso di scelta della opzione di sub  lettera  a),
«Le regioni e gli enti locali adeguano,  ciascuno  per  la  parte  di
competenza  e  ove  necessario,  alla  durata   dell'incentivo   come
rimodulata [...], la validita'  temporale  dei  permessi  rilasciati,
comunque denominati, per la costruzione e l'esercizio degli  impianti
fotovoltaici  ricadenti  nel  campo  di  applicazione  del   presente
articolo» 
    D.3) «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
        la  misura  concerne  tutti  «i  beneficiari   di   incentivi
pluriennali,  comunque  denominati,  per  la  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i  produttori  da
energia solare - ,  i  quali  «possono  cedere  una  quota  di  detti
incentivi, fino ad un massimo dell'80 per  cento,  ad  un  acquirente
selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (comma 7). 
    L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a
percepire gli  incentivi»,  «salva  la  prerogativa»  di  Aeggsi  «di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per
un importo definito dalla stessa disposizione  (comma  8:  «a  fronte
della corresponsione di un importo pari alla rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi»). 
    La norma demanda poi all'Aeegsi: i) la definizione (entro  il  19
novembre 2014) delle  inerenti  modalita'  attuative,  attraverso  un
complesso sistema per gli acquisti e la cessione delle  quote  (comma
9); ii) la destinazione «a riduzione della componente A3 degli  oneri
di sistema»,  «nel  rispetto  di  specifici  indirizzi»  dettati  con
decreto  del  Ministro  dello  sviluppo  economico,   dell'«eventuale
differenza  tra  il  costo  annuale   degli   incentivi»   acquistati
dall'acquirente selezionato e l'importo annuale determinato ai  sensi
del comma 8. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
    al comma 12, che «alle quote di incentivi cedute ai  sensi  delle
disposizioni di cui al comma 9 non si applicano,  a  decorrere  dalla
data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3»; 
    al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni di cui ai  commi
da 7 a 12  e'  subordinata  alla  verifica  da  parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    D.4) Infine, con il  comma  11  viene  demandato  al  Governo  di
«assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione   alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati». 
    Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato  nel  proprio
sito istituzionale le «Istruzioni operative per gli interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» (con data 3
novembre 2014), recanti precisazioni sulle modalita' di  applicazione
del nuovo meccanismo. 
3. Gli effetti dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014. 
    Le previsioni dell'art. 26, comma  3,  incidono  sugli  incentivi
percepiti dai titolari degli  impianti  fotovoltaici  aventi  potenza
superiore a 200 kW in base alle convenzioni stipulate con il  GSE  in
attuazione dei vari conti energia. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici (cfr. i dati pubblicati dal GSE  nel  proprio
sito  istituzionale  nonche',  in  riferimento  all'anno   2013,   il
«rapporto relativo all'attivita' svolta e ai risultati conseguiti»  a
seguito dell'applicazione dei conti energia, redatto e pubblicato  ai
sensi dell'art. 14, comma 1, decreto ministeriale 5 luglio 2012). 
    Sotto il profilo oggettivo, occorre precisare che ciascuna  delle
opzioni del comma 3 impatta in  senso  peggiorativo  sulla  posizione
degli  operatori  siccome   cristallizzata   nelle   convenzioni   di
incentivazione stipulate con il GSE, esplicando un  effetto  novativo
sugli elementi della durata o dell'importo delle tariffe incentivanti
o su entrambi, e tanto anche a non voler tener  conto  dei  costi  di
transazione derivanti dalla necessita' di  adeguare  gli  assetti  in
essere alla nuova situazione. 
    A parte la riduzione secca delle tariffe di cui alla lettera  c),
avente chiaro impatto negativo: 
        la   lettera   a)   opera    un'estensione    della    durata
dell'incentivazione, portata a 24 anni, con  proporzionale  riduzione
delle quote annuali. 
    In questa ipotesi e' evidente  che  l'allungamento  del  periodo,
oltre a comportare una differita percezione degli incentivi,  di  per
se'  (notoriamente)  pregiudizievole,  non  puo'  non  incidere   sui
parametri iniziali dell'investimento, impattando anche sui costi  dei
fattori produttivi (durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei
contratti stipulati per la disponibilita' delle aree,  assicurazioni,
ecc.), ferma la necessita' del parallelo  adeguamento  dei  necessari
titoli amministrativi (cfr. comma 6); 
        la lettera b) determina una riduzione degli  importi  per  il
quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di  «almeno  600
milioni» di euro per l'ipotesi di adesione di tutti  gli  interessati
all'opzione)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito col decreto ministeriale 17 ottobre 2014). 
    La soluzione non tiene pero' conto del fisiologico invecchiamento
degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di
produttivita', sicche', venendo l'incentivo determinato  in  funzione
della produzione, la  riduzione  che  intervenga  in  un  periodo  di
maggiore efficienza degli impianti  stessi  (2015-2019),  non  potra'
essere compensata con gli  incrementi  delle  tariffe  riferibili  al
periodo successivo  (nel  quale  gli  impianti  stessi  hanno  minore
efficienza). 
4. Rilevanza. 
    In ordine alla rilevanza, il Tribunale  ritiene  che  l'art.  26,
comma 3, decreto-legge n. 91/2014, della cui legittimita' si  dubita,
costituisca parametro normativo  necessario,  stante  il  tenore  dei
motivi di ricorso, ai fini della valutazione della  fondatezza  delle
domande  proposte   dalla   parte   ricorrente,   alla   luce   della
(incontestata) titolarita' di impianti di produzione  di  energia  di
potenza superiore a 200 kW che usufruisce  degli  incentivi  previsti
dagli articoli  7  decreto  legislativo  n.  387/2003  e  25  decreto
legislativo n. 28/2011, oggetto di convenzioni stipulate con il GSE. 
    Come evidenziato nella parte in «fatto», le domande formulate nel
giudizio hanno a oggetto: 
    l'accertamento del diritto di non  esercitare  alcuna  delle  tre
opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di  energia
elettrica fotovoltaica, previste dal ridetto art. 26,  comma  3,  con
conservazione   delle   condizioni   contrattuali   stabilite   nelle
convenzioni stipulate con  il  GSE,  nonche'  dell'insussistenza  del
potere del Gestore di  applicare  l'opzione  prevista  dall'art.  26,
comma 3, lettera c), nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro
il 30 novembre 2014; 
    l'annullamento del decreto ministeriale 17 ottobre 2014,  emanato
in applicazione dell'art. 26, comma 3, lettera b), recante i  criteri
e  le  percentuali  di  rimodulazione  degli   incentivi,   e   delle
«Istruzioni operative per gli interventi sulle  tariffe  incentivanti
relative agli impianti fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della
legge n. 116/2014» pubblicate dal GSE nel proprio  sito  internet  in
data 3.11./2014. 
    La questione di legittimita' costituzionale risulta rilevante: 
    in relazione alla domanda caducatoria, perche' gli atti impugnati
sono  stati  emanati  dall'autorita'  amministrativa  in   dichiarata
attuazione dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 (la cui legittimita'
e' oggetto di contestazione) che nella fattispecie riveste il ruolo e
la  funzione   di   norma   legittimante   l'esercizio   del   potere
amministrativo contestato  in  giudizio;  peraltro,  tali  atti  sono
strumentali alla rimodulazione degli  incentivi,  prevista  dall'art.
26, comma 3, e avversata da parte ricorrente; 
    ai fini della decisione in ordine alla fondatezza  della  domanda
di accertamento, avente a oggetto l'invocata  inapplicabilita',  alle
convenzioni in  corso  di  efficacia,  delle  rimodulazioni  previste
dall'art.  26,  comma  3;  l'accoglimento  della  domanda  presuppone
infatti la non applicabilita' di tale disposizione normativa. 
    In  ordine   all'ammissibilita'   della   predetta   domanda   di
accertamento, la stessa  e'  stata  dal  Tribunale  riconosciuta  con
sentenza non definitiva,  decisa  in  pari  data,  sulla  base  delle
seguenti argomentazioni: 
    a) l'ammissibilita' della domanda di accertamento  consegue  alla
natura di diritto  soggettivo  della  situazione  giuridica  azionata
dalle ricorrenti e identificabile nella  pretesa  all'incentivo  come
quantificato  nei  «contratti  di  diritto   privato»   espressamente
menzionati dall'art. 24, comma 2, lettera b), decreto legislativo  n.
28/2011 (si rinvia alle  precedenti  considerazioni  sull'omogeneita'
della natura giuridica delle convenzioni e dei  contratti;  v.  ante,
par. 1.2.3): la qualificazione in termini di diritto soggettivo della
pretesa al mantenimento dell'incentivo e', pertanto, desumibile dalla
natura  «di  diritto   privato»   dell'atto   da   cui   promana   la
quantificazione dell'incentivo stesso; 
    b) anche a volere qualificare la posizione  giuridica  soggettiva
della  parte  ricorrente  come  interesse  legittimo,   l'azione   di
accertamento deve ritenersi comunque ammissibile, come ha avuto  modo
di ritenere l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in riferimento
alle ipotesi in cui «detta tecnica di tutela  sia  l'unica  idonea  a
garantire  una  protezione  adeguata  ed   immediata   dell'interesse
legittimo» (presupposto che ricorre nella fattispecie come  si  avra'
modo di precisare in prosieguo in ordine alla  natura  della  lesione
subita da parte ricorrente),  a  nulla  rilevando  l'assenza  di  una
previsione legislativa espressa. Impostazione che  trova  «fondamento
nelle   norme   immediatamente   precettive   dettate   dalla   Carta
fondamentale al fine di garantire  la  piena  e  completa  protezione
dell'interesse legittimo (articoli 24, 103 e 113)» (A.P. n. 15/2011); 
    c)  circa,  poi,  l'esistenza,  in  concreto,  delle   condizioni
legittimanti  l'esperibilita'  dell'azione  di  accertamento,   parte
ricorrente, sin dal  momento  dell'entrata  in  vigore  dell'art.  26
decreto-legge n. 91/2014, ha subito una lesione diretta  e  immediata
della  sua  situazione  giuridica  soggettiva  (identificabile  nella
pretesa al mantenimento dell'incentivo «convenzionato»)  per  effetto
del regime introdotto dalla disposizione in  esame;  in  particolare,
tale   pregiudizio   e'   ravvisabile   nell'immediata   operativita'
dell'obbligo di scelta - da esercitare entro il 30 novembre 2014 - di
una delle tre  opzioni  di  rimodulazione  degli  incentivi  previste
dall'art. 26 decreto-legge n. 91/2014. 
    Come gia' rilevato (v. par. 3), ciascuna delle opzioni del  comma
3 impatta in  senso  peggiorativo  sulla  posizione  degli  operatori
siccome definita nelle convenzioni di incentivazione,  esplicando  un
effetto novativo sugli elementi della  durata  o  dell'importo  delle
tariffe incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non  voler  tener
conto dei costi di transazione derivanti dalla necessita' di adeguare
gli assetti in essere alla nuova situazione. 
    Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile  alla  posizione
di   parte   ricorrente,    consegue    all'immediata    operativita'
dell'obbligo, imposto dall'art. 26, comma 3, cit., di scelta  di  uno
dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma. 
    La norma in esame, pertanto,  ha  carattere  autoapplicativo;  in
questa ottica l'intervento del GSE da  essa  divisato  serve  solo  a
quantificare  in  concreto,  in  riferimento  alle  percentuali   ivi
previste, la riduzione dell'incentivo  riconducibile  all'opzione  di
cui alla lettera c), applicata in via imperativa dalla legge,  e  non
costituisce in alcun modo  autonoma  manifestazione  di  volonta'  di
applicazione dell'opzione in esame. 
    Proprio l'esistenza di una modificazione della realta' giuridica,
peggiorativa di  quella  preesistente,  conseguente  all'introduzione
dell'obbligo vigente di scegliere entro il 30 novembre 2014 una delle
opzioni  previste  dal  comma  3,  qualifica,  in  capo  alla   parte
ricorrente, l'interesse ad agire in relazione alla proposta azione di
accertamento; 
        d) in una fattispecie simile a quella  oggetto  di  causa  la
Corte di cassazione (ord. n. 12060/2013), nel sollevare la  questione
di legittimita' costituzionale di norme elettorali (poi accolta dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 1/2014),  ha  avuto  modo  di
affermare che «ci si allontana dall'archetipo delle  azioni  di  mero
accertamento per avvicinarsi a quello delle azioni costitutive  o  di
accertamento-costitutive»  allorche'  (come  nell'ipotesi  in  esame)
l'interesse «e' quello di rimuovere un pregiudizio che invero non  e'
dato da una mera situazione di incertezza ma da una  (gia'  avvenuta)
modificazione della realta' giuridica che postula di  essere  rimossa
mediante un'attivita' ulteriore, giuridica e materiale». 
    Nell'occasione la stessa Corte, con un  ragionamento  estensibile
anche alla presente fattispecie, ha avuto modo di precisare che  «una
interpretazione  della  normativa  elettorale  che,  valorizzando  la
tipicita' delle azioni previste in materia (di  tipo  impugnatorio  o
concernenti l'ineleggibilita', la decadenza o l'incompatibilita'  dei
candidati),   escludesse   in   radice   ovvero   condizionasse    la
proponibilita' di azioni come quella  qui  proposta  al  maturare  di
tempi indefiniti o al verificarsi di condizioni  non  previste  dalla
legge (come, ad esempio,  la  convocazione  dei  comizi  elettorali),
entrerebbe in conflitto con i parametri costituzionali  (art.  24,  e
art. 113, comma 2) della effettivita' e  tempestivita'  della  tutela
giurisdizionale» aggiungendo che «ci sono leggi che creano in maniera
immediata restrizioni dei poteri  o  doveri  in  capo  a  determinati
soggetti, i quali nel momento stesso in cui la legge entra in  vigore
si trovano gia' pregiudicati da esse, senza bisogno dell'avverarsi di
un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in un concreto  comando.
In tali casi l'azione  di  accertamento  puo'  rappresentare  l'unica
strada  percorribile  per  la  tutela  giurisdizionale   di   diritti
fondamentali di cui, altrimenti, non  sarebbe  possibile  una  tutela
ugualmente efficace e diretta»; 
        e) in relazione a tale ultimo profilo e' utile precisare  che
nella fattispecie in esame l'esigenza di  tutela  giurisdizionale  e'
qualificata dal fatto che la posizione della parte istante e'  incisa
da una vera e propria legge-provvedimento. 
    Secondo     la      giurisprudenza      costituzionale,      sono
leggi-provvedimento «quelle che «contengono  disposizioni  dirette  a
destinatari  determinati»  [...],  ovvero  «incidono  su  un   numero
determinato e limitato di destinatari» [...],  che  hanno  «contenuto
particolare  e  concreto»  [...],  «anche  in  quanto   ispirate   da
particolari esigenze» [...], e che comportano l'attrazione alla sfera
legislativa  «della  disciplina  di  oggetti  o  materie  normalmente
affidati all'autorita' amministrativa»» (cosi'  Corte  costituzionale
n. 275/2013, e giurispr. ivi richiamata). 
    Queste leggi, anche  se  compatibili  con  l'assetto  dei  poteri
stabilito dalla  Costituzione,  «devono  soggiacere  ad  un  rigoroso
scrutinio  di  legittimita'  costituzionale  per   il   pericolo   di
disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare  e
derogatorio [...], con l'ulteriore precisazione che  «tale  sindacato
deve essere tanto piu' rigoroso quanto  piu'  marcata  sia  [...]  la
natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a  controllo»
(cosi', ancora, Corte costituzionale n. 275/2013 cit.). 
    Cio' posto, al fine di qualificare nei sensi appena detti  l'art.
26,  comma  3,  decreto-legge  n.  91/2014,   il   Collegio   ritiene
significativa non soltanto la finalita' dell'intervento («ottimizzare
la gestione dei tempi di raccolta ed  erogazione  degli  incentivi  e
favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto  alle
energie rinnovabili») ma, soprattutto, il meccanismo di  operativita'
della rimodulazione degli incentivi. 
    In quest'ottica deve essere evidenziato che la norma: 
    ha un ambito applicativo limitato,  in  quanto  concerne  i  soli
titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200
kW che hanno stipulato con il GSE convenzioni in corso di  esecuzione
per l'erogazione degli incentivi; 
    disciplina  puntualmente  l'entita'  della  rimodulazione   degli
incentivi e per la sua applicazione non necessita dell'esercizio  del
potere amministrativo, almeno per quanto concerne le opzioni  di  cui
alle lettere a) e c); 
    disciplina direttamente le modalita' di esercizio dell'opzione  e
la conseguenza riferibile al mancato esercizio dell'opzione. 
    In sostanza, l'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 finisce
con l'esercitare competenze  sostanzialmente  amministrative  perche'
non si limita a fissare un obiettivo, ma disciplina specificamente le
modalita' e l'entita' delle rimodulazioni come si  evince  dal  fatto
che  l'autorita'  amministrativa  non  e'  chiamata  ad  attuare   la
disposizione (se non limitatamente all'opzione di  cui  alla  lettera
b). 
    La qualificazione in termini di legge-provvedimento dell'art. 26,
comma   3,   cit.   costituisce   ulteriore   argomento    ai    fini
dell'ammissibilita' dell'azione di accertamento  proposta  in  questo
giudizio sia perche' gli obblighi lesivi per la parte ricorrente sono
direttamente riconducibili alla norma  primaria  sia  perche'  questo
tipo  di  azione  costituisce  il  necessario  strumento  per  potere
accedere alla tecnica di tutela  tipica  (sindacato  di  legittimita'
costituzionale) dell'atto (legge-provvedimento)  pregiudizievole  per
il destinatario. 
    Sempre in relazione alla rilevanza, il Tribunale  rileva  che  la
norma sub judice, per il suo contenuto  univoco,  non  si  presta  in
alcun  modo  a  una  interpretazione  costituzionalmente   orientata,
imponendo la rimessione della questione alla Corte costituzionale  in
relazione ai profili di possibile illegittimita' che sono di  seguito
evidenziati. 
5. Profili di non manifesta infondatezza. 
    5.1. Violazione degli articoli 3 e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. 
    Il comma 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 presenta profili
di irragionevolezza e risulta di possibile incompatibilita'  con  gli
articoli 3 e  41  Cost.,  poiche'  incide  ingiustificatamente  sulle
posizioni di vantaggio consolidate (peraltro riconosciute  da  negozi
«di diritto privato»; cfr. art. 24 decreto legislativo n. 28/2011)  e
sul legittimo affidamento dei fruitori degli incentivi. 
    5.1.1. La questione rientra nel tema  dei  limiti  costituzionali
alle leggi di modificazione dei rapporti  di  durata  (e  della  c.d.
retroattivita' impropria,  quale  attributo  delle  disposizioni  che
introducono  «per  il  futuro  una  modificazione  peggiorativa   del
rapporto di durata», con riflessi negativi «sulla posizione giuridica
gia' acquisita dall'interessato»; Corte  costituzionale  sentenza  n.
236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria giurisprudenza fosse  ormai  «consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale   di   situazioni   sostanziali    fondate    su    leggi
anteriori»(sent. n. 236/2009 cit. e giurispr. ivi richiamata). 
    Piu' precisamente, il Giudice delle leggi ha precisato  che  «nel
nostro  sistema  costituzionale  non   e'   affatto   interdetto   al
legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare  in
senso sfavorevole per i beneficiari la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive,
il limite imposto in materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,
della  Costituzione).  Unica  condizione  essenziale  e'   che   tali
disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sent.
n. 64/2014, che cita testualmente la sentenza  n.  264  del  2005,  e
richiama , in senso conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). 
    E ha richiamato in proposito anche «la giurisprudenza della Corte
di  giustizia  dell'Unione  europea,  che  ha  sottolineato  che  una
mutazione dei rapporti di durata deve  ritenersi  illegittima  quando
incide sugli stessi in modo "improvviso e imprevedibile" senza che lo
scopo perseguito dal legislatore imponga l'intervento  (sentenza  del
29 aprile 2004, in cause  C-487/01  e  C-7/02)»  (cosi'  sentenza  n.
64/2014 cit.). 
    In applicazione di tali  canoni  la  Corte  ha,  a  es.,  escluso
l'incostituzionalita'  di  un  intervento   legislativo   teso   alla
«variazione  dei  criteri  di   calcolo   dei   canoni   dovuti   dai
concessionari di beni  demaniali»  volto  ad  adeguare  i  canoni  di
godimento di beni pubblici con lo scopo di consentire allo Stato  una
maggiorazione delle entrate e di rendere i  canoni  piu'  equilibrati
rispetto a quelli pagati a favore di locatori  privati,  sul  rilievo
che tale effetto non era  «frutto  di  una  decisione  improvvisa  ed
arbitraria del legislatore», ma si inseriva  «in  una  precisa  linea
evolutiva nella disciplina  dell'utilizzazione  dei  beni  demaniali»
(sent. n. 302/2010; v. anche sentenza n. 64/2014,  in  cui  e'  stata
giudicata «non irragionevole l'opzione normativa di  rideterminazione
del canone sulla base di fasce di  utenza  commisurate  alla  potenza
nominale degli impianti di derivazione idroelettrica, sulla quale  si
e' assestato nel tempo  il  legislatore  provinciale  allo  scopo  di
attuare un maggiore prelievo al progredire  della  risorsa  sottratta
all'uso  della   collettivita',   nell'ottica   della   piu'   idonea
preservazione delle risorse idriche», alla  luce,  tra  l'altro,  del
«dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento  normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale»). 
    Al  contrario,  ha  ritenuto  non  conforme  a  Costituzione   la
disposizione  introduttiva  della   graduale   riduzione   e   finale
abolizione del periodo di fuori ruolo del docenti universitari  (art.
2, comma 434,  legge  n.  244/07),  ravvisandone  l'irragionevolezza,
all'esito del «necessario bilanciamento» tra il  perseguimento  della
finalita' avuta di mira dalla norma «e la tutela  da  riconoscere  al
legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, nutrito  da  quanti,
sulla  base  della  normativa  previgente,   hanno   conseguito   una
situazione sostanziale consolidata» (cio' alla luce di una  serie  di
elementi  fattuali,  quali  le  caratteristiche  di  detta  posizione
giuridica, «concentrata nell'arco di un triennio», interessante  «una
categoria di docenti  numericamente  ristretta»,  non  produttiva  di
«significative ricadute  sulla  finanza  pubblica»,  non  rispondente
«allo scopo di salvaguardare equilibri di bilancio o altri aspetti di
pubblico  interesse»  e  neppure   potendosi   definire   «funzionale
all'esigenza di ricambio generazionale dei docenti universitari», con
sacrificio  pertanto   «ingiustificato   e   percio'   irragionevole,
traducendosi nella violazione del legittimo affidamento  -  derivante
da  un  formale  provvedimento   amministrativo   -   riposto   nella
possibilita' di portare a termine, nel tempo stabilito  dalla  legge,
le  funzioni  loro  conferite  e,  quindi,  nella  stabilita'   della
posizione giuridica acquisita»). 
    Piu' in  generale,  sul  tema  dell'efficacia  retroattiva  delle
leggi,  la  Corte  ha  piu'  volte  affermato  che  il   divieto   di
retroattivita' delle leggi  non  riceve  nell'ordinamento  la  tutela
privilegiata di cui all'art. 25 Cost.,  ben  potendo  il  legislatore
emanare norme retroattive «purche' la retroattivita'  trovi  adeguata
giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di
rilievo  costituzionale,  che   costituiscono   altrettanti   «motivi
imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU)» e con una
serie di limiti generali, «attinenti alla salvaguardia, oltre che dei
principi costituzionali, di altri  fondamentali  valori  di  civilta'
giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello  stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario» (sentt. 160/2013 e 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia
UE sull'operativita' del principio di legittimo affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione alla quale e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico «prudente e accorto»  (o  dell'«applicazione
prevedibile»), secondo cui la possibilita' di far  valere  la  tutela
del legittimo affidamento e'  bensi'  «prevista  per  ogni  operatore
economico  nel  quale  un'autorita'  nazionale  abbia  fatto  sorgere
fondate aspettative», ma non «qualora un operatore economico prudente
ed accorto sia in grado di prevedere l'adozione di  un  provvedimento
idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui  il  provvedimento
venga  adottato);  in  tale  prospettiva,  inoltre,  «gli   operatori
economici  non  possono   fare   legittimamente   affidamento   sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr.
punto 53 della menzionata sentenza C. giust. 10  settembre  2009,  in
causa C-201/08, Plantanol). 
    Per completezza, si puo' sottolineare come nel campo dei rapporti
tra  privati  e  pubblica  amministrazione  lo   stesso   legislatore
nazionale abbia conferito valenza pregnante all'affidamento. 
    Si considerino le rilevanti innovazioni apportate alla  legge  n.
241/90 dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133  (conv.  in  legge
con modif., dalla legge 11 novembre 2014, n.  164),  recante  «Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive». 
    Con l'art. 25, comma 1, lettera b-ter),  di  detto  decreto-legge
(lettera aggiunta  dalla  legge  di  conversione)  e'  stato  infatti
modificato l'art. 21-quinquies, comma 1, legge n. 241/90 cit.,  sulla
«revoca del provvedimento», nel duplice senso: a) di circoscrivere il
presupposto del «mutamento della situazione di  fatto»,  che  per  la
nuova  disposizione  deve  essere   «non   prevedibile   al   momento
dell'adozione del provvedimento»; b) di precludere,  nell'ipotesi  di
«nuova valutazione dell'interesse pubblico originario», la revoca dei
provvedimenti  «autorizzazione  o   di   attribuzione   di   vantaggi
economici» (a efficacia durevole). 
    Cio'  che  costituisce  un  ulteriore   e   significativo   passo
nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio
di sicurezza giuridica. 
    5.1.2. Tanto  premesso,  ritiene  il  Collegio  che  in  capo  ai
soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori  delle  relative
incentivazioni pubbliche in forza di «contratto di  diritto  privato»
(ex art. 24 decreto legislativo n. 28/2011) o convenzione (avente  la
medesima natura, come  gia'  precisato)  stipulati  col  GSE  (previo
riconoscimento delle condizioni per l'erogazione attraverso specifico
provvedimento  ammissivo),  sussista  una  posizione   di   legittimo
affidamento nei sensi innanzi precisati, non essendo mai  emersi  nel
corso  del  tempo  elementi  alla  stregua  dei  quali  un  operatore
«prudente e accorto» avrebbe potuto prevedere (al momento di chiedere
gli incentivi, di decidere se far entrare  in  esercizio  il  proprio
impianto e di stipulare con il  Gestore  il  negozio  che  disciplina
l'erogazione degli incentivi) l'adozione  da  parte  delle  autorita'
pubbliche di misure lesive del diritto agli incentivi stessi. 
    La ratio dell'intervento  pubblico  nel  settore  e'  chiaramente
desumibile dalla rassegna normativa innanzi riportata: attraverso  il
meccanismo dei conti energia il legislatore  nazionale,  in  adesione
alle indicazioni di matrice  europea,  ha  consentito  la  nascita  e
favorito lo sviluppo di un settore di  attivita'  economica  ritenuto
particolarmente importante e, quel che piu' rileva, lo ha  presentato
sin  dalla  sua  genesi  con  caratteristiche  di  «stabilita'»   con
specifico riferimento (non gia' all'accesso agli incentivi, ma)  alla
circostanza che gli stessi, una volta riconosciuti, sarebbero rimasti
invariati per l'intera durata del rapporto. 
    Cio' si desume anzitutto dal contesto  internazionale  di  favore
per la produzione di energia da  fonti  rinnovabili,  tale  da  avere
determinato a  livello  europeo  l'introduzione  di  obiettivi  prima
soltanto indicativi (dir. 2011/77) ma dopo divenuti obbligatori (dir.
2009/28) e l'individuazione  di  specifici  regimi  di  sostegno  per
ovviare  all'assenza  di  iniziativa  da  parte   del   mercato   (il
legislatore  europeo  ha  cioe'  giudicato  necessario   l'intervento
pubblico di cui si tratta). 
    In secondo luogo, il legislatore nazionale ha mostrato una  piena
e  convinta  adesione  agli  indirizzi  sovranazionali  di   politica
energetica  e  in  particolare  all'obiettivo  di  promozione   della
produzione energetica da fonti rinnovabili. 
    Sin dal decreto  legislativo  n.  387/03,  e  nonostante  la  non
obbligatorieta' dell'obiettivo  nazionale,  e'  stato  introdotto  un
regime di sostegno con incentivi che avrebbero dovuto,  tra  l'altro,
«garantire una equa remunerazione dei  costi  di  investimento  e  di
esercizio» (art. 7, comma 2, lettera d), tanto che i primi tre  conti
energia hanno chiaramente  enucleato  l'immutabilita'  per  vent'anni
dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    All'indomani  della  determinante  connotazione  degli  obiettivi
nazionali in termini di vincolativita',  il  decreto  legislativo  n.
28/2011 ha amplificato la percezione di «stabilita'», individuando: 
        a) all'art. 23, tra i  «principi  generali»  dei  «regimi  di
sostegno applicati all'energia prodotta da fonti rinnovabili»: 
    «la  predisposizione  di  criteri  e  strumenti  che   promuovano
l'efficacia, l'efficienza, la semplificazione  e  la  stabilita'  nel
tempo  dei  sistemi  di  incentivazione,  perseguendo  nel   contempo
l'armonizzazione con  altri  strumenti  di  analoga  finalita'  e  la
riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo  ai  consumatori»
(enf. agg.; comma 1); 
    «la gradualita' di intervento a salvaguardia  degli  investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle  fonti  rinnovabili  e  dell'efficienza  energetica»
(enf. agg.; comma 2). 
    b)  all'art.  24,  tra  gli  specifici  «criteri  generali»   dei
meccanismi di incentivazione, quelli indicati al comma 2, lettere b),
c) e  d),  secondo  cui,  rispettivamente,  «il  periodo  di  diritto
all'incentivo e' pari  alla  vita  media  utile  convenzionale  delle
specifiche tipologie di impianto» (il principio si collega  a  quello
dell'«equa remunerazione dei costi di investimento e  di  esercizio»,
confermato dalla precedente lettera a), «l'incentivo  resta  costante
per tutto il periodo di diritto»  e  «gli  incentivi  sono  assegnati
tramite contratti di  diritto  privato  fra  il  GSE  e  il  soggetto
responsabile dell'impianto» (enf. agg.); 
    c) all'art. 25,  comma  11,  recante  clausola  di  salvezza  dei
«diritti acquisiti». 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». 
    In terzo luogo, il decreto-legge n. 145/2013 ha rafforzato questo
convincimento, adottato successivamente alla conclusione del  sistema
dei conti energia e dunque in un contesto nel  quale  il  novero  dei
destinatari delle incentivazioni era ormai  definito  (o  in  via  di
definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  «straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure»  (tra  le  altre)  «per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese» (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine  di  «contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio-lungo  termine  dagli  esistenti   impianti»,   ha,   tuttavia,
introdotto   meccanismi   di   tipo   facoltativo   e   dunque    non
pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza  dei  conti  energia,  dal  decreto  legislativo  n.
28/2011,  quali  l'anticipata  cessazione  del  III°   conto   e   la
connotazione di immanente temporaneita' dei due conti successivi  (la
cui  operativita'  e'  stata  collegata,  come  si   e'   visto,   al
raggiungimento  di  specifici  obiettivi  indicati   negli   inerenti
provvedimenti), sia quelli previsti dal decreto-legge n. 145/2013  ex
post, ossia dopo la chiusura del regime di sostegno, dimostrano  come
lo stesso legislatore abbia comunque preservato il  «sinallagma»  tra
incentivi e iniziative imprenditoriali in corso. 
    E infatti, l'incontestato «boom del  fotovoltaico»  sotteso  alle
inerenti  determinazioni  delle  autorita'  pubbliche,   puntualmente
elevato dall'art. 23, comma  2,  decreto  legislativo  n.  28/2011  a
parametro di esercizio della  discrezionalita'  nella  parte  in  cui
individua la finalita' di «tener conto dei meccanismi del  mercato  e
dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili»,  e'  stato
affrontato con misure operanti  pro  futuro,  perche'  applicabili  a
impianti non  ancora  entrati  in  esercizio  (come  attestato  dalle
riferite vicende giudiziali relative al passaggio  dal  III°  al  IV°
conto),  mentre  sono  state  accuratamente  evitate  scelte   aventi
efficacia pro praeterito tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione del  III°  conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   allo
svolgimento della  propria  iniziativa,  non  ha  tuttavia  messo  in
discussione il «patto» stipulato con gli interessati,  consentendo  a
ciascun  operatore  non  ancora  «contrattualizzato»   di   ponderare
consapevolmente e adeguatamente il  merito  economico  della  propria
iniziativa e di assumere le conseguenti determinazioni. 
    E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art.  26,
comma 3, in esame al  «diritto  all'incentivo»  e  al  principio  del
legittimo affidamento, stante  l'imprevedibilita',  da  parte  di  un
soggetto «prudente e accorto», titolare di un incentivo ventennale  a
seguito dell'adesione a uno dei conti energia, delle modificazioni in
pejus del rapporto. 
    5.1.3. Le precedenti considerazioni  non  paiono  superate  dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  «regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori»  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23 decreto-legge n. 91/2014,  rubricato  «Riduzione  delle
bollette elettriche a favore dei clienti forniti  in  media  e  bassa
tensione», prevede quanto segue: 
        «1. Al fine di pervenire a una piu' equa distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 
    2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri  tariffari
conseguenti  dall'attuazione  dell'art.  1,  commi  da  3  a  5,  del
decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni,
in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 
    3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per  l'energia
elettrica,  il  gas  e  il  sistema  idrico  adotta  i  provvedimenti
necessari ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i
medesimi  benefici  siano  ripartiti  in  modo  proporzionale  tra  i
soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i  benefici  previsti
agli stessi commi 1  e  2  non  siano  cumulabili  a  regime  con  le
agevolazioni in materia di oneri generali di sistema, di cui all'art.
39  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.  83,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.». 
    Ora, non sono certo contestabili gli scopi complessivi  avuti  di
mira  dal  legislatore,  che  intende  «pervenire  a  una  piu'  equa
distribuzione degli oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di
consumatori elettrici», distribuendo tra costoro «i minori oneri  per
l'utenza» derivanti, tra le altre, dalle misure dell'art.  26  e,  in
ultima analisi, alleggerendo i costi  dell'energia  elettrica  per  i
«clienti [...] in media  tensione  e  [...]  in  bassa  tensione  con
potenza  disponibile  superiore  a  16,5  kW,  diversi  dai   clienti
residenziali e dall'illuminazione pubblica». 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26, nel senso  di  «favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di supporto alle energie rinnovabili», non  risultando
in particolare chiaro il nesso tra la «migliore sostenibilita'  nella
politica di supporto  alle  energie  rinnovabili»  e  la  «piu'  equa
distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti -  e'  perseguito
attraverso una «leva» che appare irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse  finanziarie  e'  infatti
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira dal  legislatore,  tenuto  conto
del rango e della natura degli scopi del regime  di  sostegno  (basti
por mente all'evocazione, da parte della dir.  2001/77,  delle  norme
del Trattato sull'Unione europea sulla tutela dell'ambiente),  e  che
comunque non appare bilanciata da adeguate misure compensative  (art.
26, commi 5 e ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto ai  «finanziamenti  bancari»  (comma  5),  e'  sufficiente
rilevare - in disparte gli aspetti  collegati  all'onerosita'  per  i
beneficiari dei meccanismi  ipotizzati  e  ai  costi  di  transazione
comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria  dei  nuovi
contratti - che la garanzia dello Stato non  copre  l'intero  importo
dell'eventuale operazione finanziaria  (sino  all'80%  dell'ammontare
dell'«esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca»
o della «somma liquidata da CDP alla banca garantita») e che comunque
si tratta di «finanziamenti» non automatici (residuando uno spazio di
apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono  a
es. essere soggetti «economicamente e finanziariamente sani», e circa
il «merito di credito»; cfr. articoli 1 e 2 decreto  ministeriale  29
dicembre 2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (comma  6),  che  costituisce  piuttosto   una
conseguenza necessitata - peraltro,  non  priva,  in  se',  di  costi
aggiuntivi - della protrazione del periodo di incentivazione oltre  i
venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma 3, lettera
a). 
    Quanto  all'«acquirente  selezionato»  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso legislatore  sia  consapevole  della  natura
solo eventuale della misura, tenuto conto dell'art. 26, comma 13, che
ne subordina  l'efficacia  «alla  verifica  da  parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo  ambito  di
applicazione, non riservato ai soli produttori da  fonte  solare,  ma
esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia
da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, a es., al comma 9, lettera d,  che  demanda  all'Autorita'  di
«stabilire i criteri e le procedure per determinare la quota  annuale
costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto di cessione
da parte di ciascun soggetto beneficiario, tenendo conto anche  della
tipologia e della localizzazione degli impianti»), anche qui e' posto
un limite quantitativo agli  incentivi  cedibili  (80%),  mentre  non
paiono disciplinate le  conseguenze  sui  rapporti  di  finanziamento
eventualmente accesi dai produttori di energia (i  quali,  attraverso
la cessione, intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal comma 11, che reca pero' un impegno per il Governo  assolutamente
generico («assumere ogni iniziativa utile  a  dare  piena  esecuzione
alle disposizioni del presente articolo,  inclusi  eventuali  accordi
con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale
dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati»). 
    5.1.4.  In  considerazione  di  quanto  detto,  e  all'esito  del
bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione
dei diritti dei fruitori  delle  agevolazioni,  emerge  la  possibile
irragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita', ai sensi
dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26, comma  3,  decreto-legge
n. 91/2014 (come  convertito  dalla  legge  n.  116/2014),  apparendo
altresi' violato anche l'art. 41 Cost., alla luce  dell'irragionevole
effetto della frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la
modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere  come
contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, e riassuntivamente: 
    il sistema degli incentivi perde  la  sua  stabilita'  nel  tempo
nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e  predeterminato  in
una convenzione o contratto di diritto privato  (art.  24,  comma  2,
lettera d, decreto legislativo n. 28/2011); 
    gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; 
    viene meno l'equa remunerazione degli investimenti effettuati; 
    il periodo di tempo per la percezione  dell'incentivo,  invariato
nella misura complessiva, viene  prolungato  indipendentemente  dalla
vita media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e'
piu' costante per tutto il  periodo  di  diritto,  ma  si  riduce  in
assoluto  per  tutto  il  periodo  residuo  (lett.  c)  o  varia   in
diminuzione nell'ambito del  ventennio  originario  di  durata  della
convenzione (lett. a) o per cinque anni (lett. b). 
    5.2. Violazione degli articoli 11  e  117,  1°  comma,  Cost.  in
relazione all'art. 1, Protocollo addizionale n.  1  alla  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (di cui e' stata  autorizzata  la  ratifica  e  disposta
l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n. 848) e all'art. 6,  par.  3,
Trattato sull'Unione europea. 
    Il comma 3 dell'art. 26  decreto-legge  n.  91/2014  si  pone  in
rapporto di possibile incompatibilita' anche con gli  articoli  11  e
117, comma 1, Cost. in relazione, quali norme interposte, all'art. 1,
Protocollo addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (di  cui  e'  stata
autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con  legge  4  agosto
1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato sull'Unione europea, che
introduce nel diritto dell'Unione «in quanto  principi  generali»,  i
«diritti fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  «protezione
della proprieta'», ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale» - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra  le
altre, Maurice c. Francia [GC], del  6  ottobre  2005,  n.  11810/03,
parr. 63 e ss.), reputando ammissibili le «interferenze»  (ingerenze)
da parte  della  pubblica  autorita'  in  presenza  di  un  interesse
generale (cfr. Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012
e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed  e'
in contrasto con il principio  di  proporzionalita',  non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
    5.3. Ulteriore violazione degli articoli 3 e 41 Cost.: disparita'
di  trattamento  ed   ulteriori   profili   di   irragionevolezza   e
sproporzione. 
    E'  dubbia  la   costituzionalita'   dell'art.   26,   comma   3,
decreto-legge n. 91/2014, rispetto all'art.  3  Cost.,  eventualmente
anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede  che
la rimodulazione si  applichi  soltanto  agli  «impianti  di  potenza
nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di  tariffe
incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
    5.3.1.  Tale  restrizione  del  campo  applicativo  comporta   la
creazione,  all'interno  dell'insieme  dei  titolari  degli  impianti
fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte  in
base alla «potenza  nominale»  (dell'impianto),  destinatarie  di  un
trattamento differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior
parte della spesa totale per l'incentivazione. 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  il  deteriore
trattamento disposto per quelli di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al relativo numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al  contempo  l'ulteriore
irragionevolezza delle misure, foriera di  un  trattamento  deteriore
per alcuni produttori in assenza di  adeguata  causa  giustificativa,
non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico  poste  a
base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore  esonero   disposto   dall'art.   22-bis,   comma   1,
decreto-legge n. 133/14 cit. in favore degli impianti i cui  soggetti
responsabili erano, alla data di entrata in  vigore  della  legge  di
conversione del decreto-legge n. 91/2014, «enti locali o scuole»:  la
norma opera infatti un distinguo fondato sulla peculiare qualita' dei
percettori dei benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia
prodotta. 
    5.3.2. Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento
degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato»
(commi 7 e ss.). 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi, parimenti finanziati dagli utenti attraverso
i cc.dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento  delle
componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
    5.3.3. La creazione di categorie differenziate determina anche un
vulnus alla concorrenza e una lesione della  liberta'  di  iniziativa
economica ex art.  41  Cost.  dei  produttori  di  energia  elettrica
destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un  contesto
economico connotato dal sostegno  pubblico,  vedono  pregiudicata  la
possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni  con  gli
altri produttori da fonte solare e, piu',  in  generale,  di  energia
rinnovabile. 
    Sotto questo profilo risultano pertanto lesi gli articoli 3 e  41
Cost.. 
    5.4. Violazione dell'art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  costituzionale  «la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione» (sent. n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato «va  [...]  limitato
ai casi di  «evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione»» (v. ex plur. sentenza n. 10/2015). 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'«evidente  estraneita'»  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
«intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sent. n.  22/2012
nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di  legge»»  di  cui  all'art.  77
Cost., con l'ulteriore precisazione che «il  presupposto  del  «caso»
straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e  soltanto  al
provvedimento inteso come un tutto unitario, atto  normativo  fornito
di intrinseca coerenza, anche se articolato e  differenziato  al  suo
interno» e ponendosi «la scomposizione atomistica della condizione di
validita' prescritta dalla Costituzione [...]  in  contrasto  con  il
necessario legame tra il  provvedimento  legislativo  urgente  ed  il
«caso» che lo ha reso necessario, trasformando  il  decreto-legge  in
una  congerie  di  norme  assemblate  soltanto  da  mera   casualita'
temporale». 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se'  e
per se', rango costituzionale,  e  non  potendo  quindi  assurgere  a
parametro di legittimita' in un  giudizio  davanti  a  questa  Corte,
costituisce esplicitazione della ratio implicita  nel  secondo  comma
dell'art. 77 Cost.,  il  quale  impone  il  collegamento  dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza,  che  ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la  funzione  legislativa  senza  previa  delegazione  da  parte  del
Parlamento» (sent. n. 22/2012 cit., in cui e' preso in esame anche il
preambolo dell'atto sottoposto a scrutinio). 
    Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1, legge n. 400/88
cit.  i  decreti-legge  sono   presentati   per   l'emanazione   «con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione»,  mentre  il
comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo», il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 insorge  con  riferimento  alla
circostanza che, pur rinvenendosi nel  titolo  del  decreto-legge  n.
91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle  imprese»
e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche»,  nel
preambolo del provvedimento non si rinviene  tuttavia  esplicitazione
di tali punti. 
    Risulta infatti presa in considerazione unicamente (con  riguardo
alla materia in esame) «la  straordinaria  necessita'  e  urgenza  di
adottare disposizioni volte a superare alcune criticita'  ambientali,
alla  immediata  mitigazione  del  rischio   idrogeologico   e   alla
salvaguardia  degli  ecosistemi,  intervenendo  con   semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale»  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  «disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi»,  di   «prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini», di  adottare  «disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]»;  di
adottare  «disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea»); 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I «misure per
la crescita economica») e in 3 capi  («disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore agricolo»; «disposizioni urgenti per l'efficacia
dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione  di
procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi
derivanti  dall'appartenenza   all'unione   europea»;   «disposizioni
urgenti per le imprese»). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «disposizioni urgenti per le
imprese», insieme a una serie di articoli  omogenei  (da  23  a  30),
effettivamente attinenti al tema della «piu' equa distribuzione degli
oneri tariffari fra le diverse categorie  di  consumatori  elettrici»
(cosi' l'art. 23 cit., che individua gli articoli da 24  a  30  quali
generatori di «minori oneri per l'utenza»),  ma  in  un  contesto  di
norme del tutto eterogenee (cfr. articoli 18 ss). 
    Appare  dunque  carente  l'elemento  finalistico,  non  sembrando
ravvisabile  «l'intento  di  fronteggiare  situazioni   straordinarie
complesse  e  variegate,  che  richiedono  interventi  oggettivamente
eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie  diverse,  ma  indirizzati
all'unico  scopo  di   approntare   rimedi   urgenti   a   situazioni
straordinarie venutesi a determinare». 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  «di
immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n.
400/88,  essendo  sufficiente   considerare   le   menzionate   norme
sull'«acquirente  selezionato»  e  sul  recesso  dai   contratti   di
finanziamento (commi da 7 a 12). 
    Tanto   premesso,   il   Collegio   ritiene   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le esposte questioni  di  costituzionalita',
relative all'applicazione del comma 3 dell'art. 26  decreto-legge  n.
91/2014 agli impianti di produzione di  energia  elettrica  da  fonte
solare,  aventi  potenza  superiore  a  200  kW,  che  fruiscano   di
incentivazioni in atto ai sensi dei conti energia. 
    Il giudizio e' di conseguenza sospeso  per  la  rimessione  delle
questioni suddette all'esame  della  Corte  costituzionale,  mandando
alla segreteria di trasmettere  alla  Corte  la  presente  ordinanza,
unitamente a copia del ricorso, di notificarla alle parti in causa  e
al Presidente del Consiglio dei ministri nonche'  di  comunicarla  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.